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La mostra rappresenta un contributo ulteriore alla conoscenza della pittura italiana dell'Ottocento. Le maggiori opere esposte, portatrici di valori, sono tali da ampliare il concetto della pittura italiana del XX secolo caratterizzata dal vero, dal sentimento del vero e dalla potenza dell'espressione. Da qui, la consapevolezza che la buona pittura non può sorgere che dalla esclusione di ogni specie di consuetudine espressiva. Ancora una volta si portano alla ribalta i nomi più significativi delle scuole di pittura del tempo: lombarda, toscana e napoletana.
Il catalogo presenta un complesso e variegato nucleo di opere d'arte antica e moderna afferente sia all'ambito pittorico sia all'arredo con numerosi oggetti in porcellana e bronzo.
Giuseppe Badini è uno degli italiani che si stabilì da giovane in Argentina, consolidando una fortuna che gli permise di ritornare in patria, la cui concezione non era solamente relativa al paese ma si estendeva anche allo spirito dei migliori uomini del paese. L'adesione a tale lettura della realtà lo spinse a raccogliere opere d'artisti italiani, intese come strumenti utlili alla costruzione di un'identità sociale. La sua indole collezionista assunse i connotati di una vera e propria pratica di mecenatismo: dirigenti delle esposizioni e artisti lo apprezzavano per la sua attività a favore dell'Arte del paese. Fu Badini a decidere di regalare la sua collezione e biblioteca alla Dante Alighieri di Rosario di Santa Fè, "affinchè gli italiani lontani dalla patria si ricordino dell'Italia e la amino tramite lo studio". Da qui la sua volontà di affidare la sua collezione a nuovi amatori, disperdendola inesorabilmente ma consentendo, allo stesso tempo, la creazione di nuove raccolte d'arte affinchè il Museo non diventasse la tomba delle opere e dell'Arte stessa.
La raccola di Carlo Sacchi, noto collezionista lombardo, presenta una rosa di 131 opere identificative della pittura italiana tra il 1850 e il 1900. Il catalogo della vendita delinea una parabola di nomi di artisti fortemente presenti sul mercato e noti sia alla critica che al mondo del collezionismo privato. Per una migliore leggibilità dell'ampio respiro della geografia artistica della collezione Sacchi, Vittorio Pica con la sua presentazione consente di addentrarci nei meandri del gusto d'arte di quegli anni. Attraverso differenze e somiglianze ci si muove lungo la penisola rintracciando artisti che hanno segnato il passo dell'innovazione e del progresso. Del gruppo dei napoletani spiccano i nomi di Filippo Palizzi e Domenico Morelli, individuando in Mancini il primo punto di incontro, essendo romano di nascita ma napoletano d'arte. Dei toscani si rintracciano i nomi della scuola macchiaiola a cui seguono gli emiliani con Bazzani, Pasini , De Maria e Fontanesi, altro anello di giunzione in quanto torinese d'adozione. Al gruppo dei piemontesi fanno capo i nomi di Delleani , Alciati e Pellizza da Volpedo. Compare il nome del trentino divisionista Giovanni Segantini ma molto più numeroso è il gruppo dei Lombardi, a Sacchi geograficamente vicini tra cui Gignous, Mariani, Cremona e Faruffini. Favretto, Nono, Ciardi e Tito rappresentano la famiglia dei veneti, sia di nascita che di adozione, mentre a Laurenti e Previati si affida la rappresentanza di Ferrara. Una collezione, dunque, quella del Sacchi che descrive il file rouge della poetica artistica in Italia di quegli anni.
Il catalogo presenta la terza tornata di vendita della collezione della marchesa Del Vasto, un casato noto per virtù di armi, lettere, mecenatismo e beneficenza. Una raccolta che abbandona la sua culla, il Castello del Vasto, e che si profila interessante per la varietà di oggetti ed opere d'arte che comprende: ceramiche, arredi, arte antica, opere pittoriche di artisti quali El Grechetto, Enrico Bles, Deroubaix Henz, Wouvermann Filippo,Courtois Iacopo e Luca Giordano. A queste si aggiunge una rosa di opere interamente dedicate all'Ottocento italiano con tele di Palizzi, Joli, Altamura e Scoppetta, paradigmi di quella Napoli Nobilissima così tanto osannata.
Giuseppe Bertollo coniuga nella sua figura l'amore del mecenate e la passione del collezionista la cui preziosa raccolta diviene documento di un glorioso periodo dell'arte ottocentesca. Il gusto fortemente contemporaneo riflette, seppur in modo incompiuto, tutto il fermento innovatore e le mutazioni che avvengono nell'arte durante gli anni che si aggirano intorno al 1880. L'individuazione delle cosiddette quattro scuole pittoriche - Firenze, Milano,Napoli e Torino- non limita Bertollo nella scelta di avvalersi anche di opere di pittori isolati, ancora avvolti nelle maglie della pittura di storia e di genere. Differente è l'approccio all'arte consorella, la scultura, di cui solo Medardo Rosso viene individuato come degno rappresentante.
Le opere comprese nel presente catalogo provengono dalla raccolta di un noto autore milanese, il signor Bolasco, e dalle collezioni di storia d'arte della Casa d'Austria (Galleria dei dipinti). Gli artisti della raccolta milanese sono tanto noti agli amatori e studiosi d'arte. Ogni opera è corredata di una foto con la tergo descrizione, provenienza timbro e firma del direttore come attestazione di autenticità.
Le pensose visioni di Eugenio Gignous manifestano i caratteri di una pittorica discendenza lombarda.Seppur non bollato come un innovatore, se le sue opere non appaiono del tutto distinte da quelle di alcuni contemporanei per originalità, le sue rappresentazioni paesistiche erano reminescenze di quella cordiale umanità che distinse l'arte di Ranzoni e Cremona. Tuttavia, gli aspetti offerti dalla produzione di Gignous non sono tutti semplici e facilmente spiegabili con la sola storia delle sue origini: il connubio tra forme cremoniane e formazione accademica si operò con lentezza, così come la libertà di adesione e rimodulazione di inedite soluzioni dei maestri a lui contemporanei. Fondamentale per la comprensione della sua personalità è la collezione delle opere conservata dal nipote Achille Gignous: assieme ai quadri ad olio, una serie di acquarelli induce a dimostrare l'abilità dell'artista di valersi di una variegata gamma di tecniche e motivi per raccontare pittoricamente il vero, rivestito di un sentimento di serena felicità. Attorno alle opere dello zio, il collezionista volle riunire dipinti di impeccabile bellezza del panorama lombardo e non solo in modo da ricostituire l'ambiente da cui il pittore derivò ed in cui operò.Tuttavia, risultano come dispersi nella collezione anche alcune opere che non sembrano dialogare logicamente con altre,a testimonianza della complessa e variopinta ricerca che agitò gli ultimi decenni dello scorso secolo.