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Il catalogo espone la raccolta d'arte appartenuta al Conte Giuseppe Matarazzo di Licosa, noto collezionista napoletano. Le sue opere delineano una parabola storico-artistica a partire dal Quattrocento per giungere al Settecento, toccando artisti noti ed emblematici delle varie correnti artistiche.
Amatore sincero fu il Professore Giovanni Scarpitti che raccolse una collezione di opere di maestri dal Cinquecento all'Ottocento, definendo una vera e propria parabola dell'arte. Dagli artisti del Cinquecento quali Bassano, Tintoretto, Veronese, si passa al Seicento con Guido Reni e i fratelli Carracci per approdare con Mengs alla parentesi dell'Accademia Neoclassica e giungere alla libertà pittorica riconquistata con Goya. E infine l'Ottocento, culla di un risorgimento non solo politico ma anche artistico: alla scuola milanese si affianca quella napoletana in un continuo progredire verso forme di puro impressionismo. "Questa raccolta è un atto di fede verso l'Arte elevatrice del gusto e del sentimento umano "
"Più che un insieme di quadri la raccolta Chiarandà è un racconto di ricerche e appagamenti." Carlo Chiarandà era un patito dell'arte,impeccabile nei giudizi, innamorato di quell'Ottocento considerato il secolo più tormentato ma che ha lasciato una traccia importante nell'arte della penisola. In cinquant'anni di ricerche e fortune ha tessuto una raccolta in cui ogni opera, affiancata da un cartiglio ideale che riassume le vicende dell'acquisto. Una collezione, quella di Chiarandà, che non esamina solo l'Ottocento dei grandi maestri ma anche le opere cosiddette dei minori, abbracciando le più diverse tecniche pittoriche perchè di ogni autore, il barone siciliano non ricercava quell'autenticità che si desume dalla firma, ma quella genuità e schiettezza rappresentativa che sono propri di ogni singolo artista.
"Nel collezionismo portò le virtù del suo carattere e del suo ingegno. Non ebbe, non volle guide più o meno autorizzate: acquistò quello che gli piaceva". Con queste parole il critico Raffaele Calzini traccia il profilo di Alberto Clerici, geniale imprenditore, attivo presidente del Teatro Sociale di Como e dal 1922 proprietario della Provincia di Como. Egli, attento ma tardivo collezionista, amava ricercare quelle opere che fossero espressione del bello e del buono e in tal senso si configura la sua collezione venduta all'asta nel 1936. La raccolta, infatti, accoglie un bacino di opere che Calzini da paterno collocatore, aveva pazientemente acquisito durante gli anni da frequentatore di gallerie.
Senatore, amico di Margherita Sarfatti, fondatore della Galleria di Milano nel 1927 nonchè patrocinatore degli artisti del gruppo del Novecento, Federico Gussoni fu anche un abile collezionista di Otto e Novecento. Il catalogo della vendita all'asta della sua raccolta propone opere indicative del suo gusto estetico
«Se Botta ha guardato Piccio e Mosè Bianchi, Faruffini e Ranzoni, con amore per questi ingegni,
non ha goduto solo delle loro opere, non ha saputo soltanto distinguere in quel che avevano e di vivo e di morto, non le ha viste soltanto ricomporsi in alcune rare personalità di artisti, in tutta la loro crescente grandezza, nella loro coerente formazione, ma ha sentita tutta la più estesa testimonianza ch’esse offrono. N’ha visto uscire la realtà storica d’un movimento d’arte lombarda: ci ha sentito dentro la sua coscienza,il movimento di rinnovazione dell’arte italiana e il suo valore europeo ». Con tali parole Raffaello Giolli nel 1916 presentava l'animo collezionistico di Gustavo Botta, poeta, critico letterario e amatore d'arte. La sua raccolta, presentata da Enrico Somrè, è un tributo all'arte italiana dal Settecento al primo Novecento. Se primeggiano gli artisti dell' Ottocento lombardo, è anche vero che Botta, quasi seguendo una logica di continuità, si interessò anche ad un gruppo di artisti sofferenti della tradizione ottocentesca e ansiosi, a un tempo, di carpire altri motivi d’arte che si ispiravano quel principio di modernità e di progresso pittorico. E in questa parabola storico-artistica si inserisce anche la rosa di opere appartenenti agli artisti veneti del Settecento che contribuiscono a rendere la collezione di Gustavo Botta la prima raccolta milanese in ordine di tempo ed una delle maggiori per la sua importanza.
Il compianto Comm. Benzoni fu noto per essere stato uno dei primi e più accorti collezionisti dell'ottocento italiano. La vendita all'asta della prima parte della sua collezione destò curiosità e clamore al punto che la Galleria d'Arte Moderna di Milano si assicurò alcuni capolavori di Giovanni Segantini. Durante questa prima disgregazione della collezione, non tutte le opere furono date all'incanto poichè il proprietario non volle privarsi di tutte le tele che costituivano l'identità artistica della sua dimora: ogni opera, scelta con cura, era frutto di una storia. Negli ultimi anni, alla collezione di pitture italiane si accostò una raccolta di opere antiche cinesi, a dimostrazione della versatilità di gusto e dell'ampiezza di vedute del collezionista.
Le pensose visioni di Eugenio Gignous manifestano i caratteri di una pittorica discendenza lombarda.Seppur non bollato come un innovatore, se le sue opere non appaiono del tutto distinte da quelle di alcuni contemporanei per originalità, le sue rappresentazioni paesistiche erano reminescenze di quella cordiale umanità che distinse l'arte di Ranzoni e Cremona. Tuttavia, gli aspetti offerti dalla produzione di Gignous non sono tutti semplici e facilmente spiegabili con la sola storia delle sue origini: il connubio tra forme cremoniane e formazione accademica si operò con lentezza, così come la libertà di adesione e rimodulazione di inedite soluzioni dei maestri a lui contemporanei. Fondamentale per la comprensione della sua personalità è la collezione delle opere conservata dal nipote Achille Gignous: assieme ai quadri ad olio, una serie di acquarelli induce a dimostrare l'abilità dell'artista di valersi di una variegata gamma di tecniche e motivi per raccontare pittoricamente il vero, rivestito di un sentimento di serena felicità. Attorno alle opere dello zio, il collezionista volle riunire dipinti di impeccabile bellezza del panorama lombardo e non solo in modo da ricostituire l'ambiente da cui il pittore derivò ed in cui operò.Tuttavia, risultano come dispersi nella collezione anche alcune opere che non sembrano dialogare logicamente con altre,a testimonianza della complessa e variopinta ricerca che agitò gli ultimi decenni dello scorso secolo.