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Il catalogo presenta la collezione di Camille Groult, noto imprenditore, che dal 1860 iniziò a collezionare dipinti, pastelli e disegni del XVIII secolo in Francia per poi dedicarsi a partire dagli anni '90 dell'Ottocento all'arte inglese attraverso il contatto con molti mercanti e galleristi. Grande estimatore e amatore dell'artista Watteau, Groult decise di donare la sua ricca collezione al Louvre, divenendo il più grande collezionista della pittura britannica nella Francia di finel XIX secolo
La raccolta, presentata dallo stesso collezionista, si configura come un excursus complesso e completo nella civiltà artistica dell'Ottocento che ebbe il privilegio di porsi in un felice equilibrio tra fantasia e ragione. Cavalcando l'onda degli artisti più rinomati ( Ettore Tito, Lorenzo Delleani, Giovanni Fattori, Antonio Mancini, solo per citarne alcuni) Bernardi, che definisce sè stesso "non uno specialista ma uno scopritore di cose inaspettate", delinea un'immagine interessante del XIX secolo, non rifugendo dalla critica, ma accogliendo o respingendo giudizi su quelli che considera i suoi artisti.
I dipinti della raccolta di Francesco Biundo, cultore di discipline finanziarie, rappresentano ognuno l'amore per quel sentimento romantico, nella sua più pura accezione, che mosse gli artisti nel secolo del Risorgimento italiano. La scelta del collezionista dipese esclusivamente dal personale grado di riconoscimento di un modo pittorico spontaneo e allo stesso tempo di comune sentire. Fu questa la ragione che lo spinse ad accogliere nella sua raccolta nomi ignoti, italiani e stranieri, lontani talvolta dalle dinamiche di mercato: si preoccupò solamente delle impressioni suscitate dai dipinti instaurando con essi un legame affettuoso. Una collezione, quella di Biundo, tessuta pazientemente per decenni con la sua compagna ed entrambi furono fedeli ad un solo dettato: l'arte romantica dell'Ottocento, quel filone che più genuinamente si potrebbe definire come il territorio fertile per le possibilità di espansione dell'animo umano, in cui commozione e finta immaginazione si mescolano al cospetto della realtà. Un'arte dei segni, di ispirazione nord-cristiana, che dipinto dopo dipinto, artista dopo artista, delinea quel percorso affettivo ed intellettivo tracciato dal collezionista riconoscibile nel presente catalogo.
Il catalogo presenta una rosa di opere esposte alla Galleria dell'Esame nel 1942 e pertinenti alle maggiori espressioni artistiche dell'Ottocento. Si rintracciano, infatti, opere appartenenti ai maggiori esponenti della scuola lombarda e toscana, presentati dal critico Enrico Somaré, e ai protagonisti della pittura napoletana, vagliati da Alfredo Schettini. Nonostante le diversità stilistiche e pittoriche, gli artisti dell'Ottocento condividono l'esigenza di una rappresentazione dal vero e di una schiettezza espressiva resa talvolta con piglio naturalistico, talvolta con taglio accademico.
Amatore sincero fu il Professore Giovanni Scarpitti che raccolse una collezione di opere di maestri dal Cinquecento all'Ottocento, definendo una vera e propria parabola dell'arte. Dagli artisti del Cinquecento quali Bassano, Tintoretto, Veronese, si passa al Seicento con Guido Reni e i fratelli Carracci per approdare con Mengs alla parentesi dell'Accademia Neoclassica e giungere alla libertà pittorica riconquistata con Goya. E infine l'Ottocento, culla di un risorgimento non solo politico ma anche artistico: alla scuola milanese si affianca quella napoletana in un continuo progredire verso forme di puro impressionismo. "Questa raccolta è un atto di fede verso l'Arte elevatrice del gusto e del sentimento umano "
La collezione del Barone Chiarandà si inserisce nel filone di quelle raccolte d'arte di intellettuali o professionisti che occupavano ruoli organizzativi od onorari nei consigli direttivi delle mostre organizzate dalla Società Promotrice di Belle Arti, o ne erano semplicemente soci.
"Più che un insieme di quadri la raccolta Chiarandà è un racconto di ricerche e appagamenti." Carlo Chiarandà era un patito dell'arte,impeccabile nei giudizi, innamorato di quell'Ottocento considerato il secolo più tormentato ma che ha lasciato una traccia importante nell'arte della penisola. In cinquant'anni di ricerche e fortune ha tessuto una raccolta in cui ogni opera, affiancata da un cartiglio ideale che riassume le vicende dell'acquisto. Una collezione, quella di Chiarandà, che non esamina solo l'Ottocento dei grandi maestri ma anche le opere cosiddette dei minori, abbracciando le più diverse tecniche pittoriche perchè di ogni autore, il barone siciliano non ricercava quell'autenticità che si desume dalla firma, ma quella genuità e schiettezza rappresentativa che sono propri di ogni singolo artista.
«Se Botta ha guardato Piccio e Mosè Bianchi, Faruffini e Ranzoni, con amore per questi ingegni,
non ha goduto solo delle loro opere, non ha saputo soltanto distinguere in quel che avevano e di vivo e di morto, non le ha viste soltanto ricomporsi in alcune rare personalità di artisti, in tutta la loro crescente grandezza, nella loro coerente formazione, ma ha sentita tutta la più estesa testimonianza ch’esse offrono. N’ha visto uscire la realtà storica d’un movimento d’arte lombarda: ci ha sentito dentro la sua coscienza,il movimento di rinnovazione dell’arte italiana e il suo valore europeo ». Con tali parole Raffaello Giolli nel 1916 presentava l'animo collezionistico di Gustavo Botta, poeta, critico letterario e amatore d'arte. La sua raccolta, presentata da Enrico Somrè, è un tributo all'arte italiana dal Settecento al primo Novecento. Se primeggiano gli artisti dell' Ottocento lombardo, è anche vero che Botta, quasi seguendo una logica di continuità, si interessò anche ad un gruppo di artisti sofferenti della tradizione ottocentesca e ansiosi, a un tempo, di carpire altri motivi d’arte che si ispiravano quel principio di modernità e di progresso pittorico. E in questa parabola storico-artistica si inserisce anche la rosa di opere appartenenti agli artisti veneti del Settecento che contribuiscono a rendere la collezione di Gustavo Botta la prima raccolta milanese in ordine di tempo ed una delle maggiori per la sua importanza.